AGAMENNONE
di
Eschilo/Eugene O'Neill

NOTE DI REGIA

Da anni il pensiero del mito mi interpellava con insistenza. Ma ciò che di esso mi veniva incontro con fascino terribile era la sua inattualità. Non che oggi il mito non sia tornato di moda, ma appunto ora esso è moda. Ciò che, cioè, del mito s'è inteso spesso fare è stata un'opera di attualizzazione, utilizzando le figure mitiche come simboli per dire qualcosa che avesse a che fare con l'oggi.

Per me, invece, il mito ha a che fare con la verità e dunque dice qualcosa che ha a che fare col sempre.

Ma dire che il mito ha a che fare con la verità o -meglio - dire che il mito è una maniera del disvelarsi della verità, vuole, al tempo stesso, dire che la verità si dà in un'interpretazione.

Una sorta di catena ermeneutica lega, dunque, questo AGAMENNONE a MOURNING BECOMES ELETTRA di O'Neill e all'ORESTEA di Eschilo. E se O'Neill ha inteso rileggere Eschilo dopo Freud, a me interessava rileggere il mito greco dopo l'avvento dell'era cristiana.

Il mito eschileo degli Atridi interpreta la storia ed in essa il problema del male deterministicamente: "Dovunque sia ora il destino, per tutti è segnato e già volge a suo compimento". (Eschilo, AGAMENNONE, trad. Manara Valgimigli).

O'Neill risponde allo stesso problema con gli schemi della lettura psicanalitica dell'agire umano.

Questo lavoro cerca di rispondere alla domanda "perché il male?" ponendosi in dialogo con quelle risposte per cercarne delle altre.

GIANCARLO LOFFARELLI