QUADERNI DI SERAFINO GUBBIO OPERATORE
di
Luigi Pirandello

NOTE DI REGIA

Apparso a puntate sulla "Nuova Antologia" fra il giugno e l'agosto del 1915 col titolo Si gira..., questo romanzo di Luigi Pirandello usci poi per la prima volta in volume per i tipi della Treves nel 1916. Ma solo nel 1925 esso venne pubblicato, a Firenze da Bemporad, col titolo definitivo: Quaderni di Serafino Gubbio operatore. Il romanzo conclude il lungo periodo dedicato da Pirandello alla narrativa, prima che egli cominci a scrivere opere teatrali. E, come sostiene Giacomo Debenedetti nel suo Il romanzo del Novecento, esso conclude il periodo del romanzo naturalista. L'impostazione ottocentesca del romanzo trovava la sua manifestazione più consona nel realismo e nel naturalismo: l'idea di fondo era che la realtà, cosi come si presenta, è piena di significati interpretabili e dunque va raccontata in maniera tale che essa stessa parli da sé o, comunque, si presti ad una interpretazione.

Quaderni di Serafino Gubbio operatore si presenta invece (prima di Proust, prima di Joyce, prima di Svevo), come un romanzo dal taglio quasi espressionista, convinto che il senso delle cose sia oltre le cose stesse e che dunque per segnalare tale senso non sia possibile un approccio realista o naturalista con la realtà. Il romanzo di Pirandello si presenta dunque policentrico ed assolutamente irriducibile ad una interpretazione fondata sul principio di causalità forte. Ecco perché questo allestimento della compagnia "Le colonne" non avviene in uno spazio teatrale "classico", in cui la scena è una e ad essa volgono gli sguardi degli spettatori come a cercare un solo centro irradiatore di tutto, ma in uno spazio particolare in cui attori e spettatori sono mescolati e del tutto immersi in una situazione policentrica. Romanzo antifuturista, vicino al nascente movimento tedesco della Neue Sachiùhkeit, di cui condivide i temi ma non le conclusioni tendenti all'esaltazione dell'oggettività, esso ruota attorno al personaggio di Serafino che "rappresenta l'estremo limite di rarefazione, scarnificazione, riduzione del personaggio romanzesco pirandelliano; un nomignolo che esprime neutralità, uno stato di assoluta impassibilità, la qualifica di operatore che non opera..." (F. Angelini).

Ne presentiamo una riduzione teatrale perché la produzione teatrale pirandelliana dimostra che il teatro, per la sua capacità di concretizzare fisicamente, si presta, paradossalmente, a condurre lo spettatore oltre il reale fisicizzato sulla scena, verso un senso ulteriore che si dà in una pluralità di significati.

GIANCARLO LOFFARELLI