SENILITA'
di
Italo Svevo

NOTE DI REGIA

Senilità (1897), come dice Svevo stesso, "non fu pensato per essere pubblicato [...] Angiolina fu la prima che conobbe il romanzo di cui ella era la protagonista". Così come, infatti, Emilio Brentani, il protagonista del romanzo, è Svevo stesso, Angiolina Zarri, la protagonista, è Giuseppina Zergol, una ragazza di cui, anni prima, Svevo era stato follemente innamorato. E gli altri due personaggi centrali del romanzo, Stefano Balli ed Amalia Brentani sono rispettivamente, nella realtà, il pittore impressionista Umberto Veruda e Maria Rossi, sorella di un amico di Svevo, il poeta e giornalista Cesare Rossi.

Il nucleo originale del romanzo, infatti, era una sorta di educazione sociale, culturale e sentimentale che il giovane Svevo aveva pensato di far leggere alla sua Giuseppina, donna del popolo che male si adattava alla frequentazione di un intellettuale borghese come lo scrittore ("gli venne l'idea di educare quella fanciulla" dice Svevo, nel romanzo, a proposito di Emilio nei confronti di Angiolina). Come è stato ampiamente detto, quello che viene considerato il capolavoro di Svevo, La coscienza di Zeno (1923), deve molto all'influenza delle teorie psicanalitiche freudiane, teorie che lo scrittore poté conoscere a partire dal 1911, quando suo cognato, Bruno Veneziani, si recò a Vienna proprio in cura da Freud. Ciò che rende molto Interessante, da questo punto di vista, Senilità, è il fatto che Svevo, prima ancora di conoscere Freud, padroneggi già un approccio inconsapevolmente psicanalitico nell'affrontare le relazioni fra i personaggi di questo romanzo. Altrettanto interessante è la struttura linguistica della prima edizione del romanzo, quella del 1897. Svevo non parla abitualmente l'italiano: lavora in una Banca austriaca come corrispondente in lingua francese e tedesca, poi in una azienda con sede a Londra (l'insegnante con cui perfezionerà il suo inglese è James Joyce, di cui diventerà amico), in famiglia parla triestino. Dunque il suo italiano, l'italiano della prima edizione di Senilità, è un italiano assolutamente poco letterario e quando, dopo il successo de La coscienza di Zeno, Svevo si troverà in condizione di poter pubblicare una seconda edizione del romanzo, nel 1927, cercherà di rivedere e correggere l'italiano della prima edizione, facendo acquistare al romanzo una maggiore pulizia ma facendogli perdere l'immediatezza della prima edizione. Questo mio adattamento teatrale, dunque, parte dal testo letterario (non una parola è stata aggiunta al testo di Svevo), lo fa "salire sulla scena" per poi sviluppare una propria autonomia espressiva, pur nella fedeltà al testo.

"A Trieste si sanno i nomi di tutti e quattro i protagonisti". Così; afferma Italo Svevo a proposito di Senilità, ribadendo la stretta connessione fra il suo romanzo e la vita reale, nonché il carattere profondamente autobiografico di Senilità. E così non è, forse, per ogni romanzo? Di più: per tutta la letteratura? Di più ancora: per ogni forma d'arte? Ma anche quando il confine fra la vicenda narrata ed i fatti realmente accaduti, fra i personaggi e le persone è assolutamente indistinguibile, rimane, netta, la differenza fra l'arte e la vita: l'arte, infatti, necessita, per esser tale, di una forma di distanza dalla vita. Le forme che può assumere questa distanza sono diverse. Una di esse, una delle più interessanti, quella in cui eccelle Svevo, è l'ironia. Quindi, I rapporti fra i personaggi, proprio come accade in Svevo, sono trattati con la leggerezza tipica che ad essi conferisce l'ironia, lasciando nello sfumato quanto nel romanzo è sfumato: il rapporto morboso che lega Amalia ad Emilio ed Emilio a Stefano, la vera natura del sentimento di Angiolina verso Emilio e di Amalia verso Stefano. Non mancano, quindi, i momenti decisamente umoristici, così come è nel romanzo, ma la distanza, condizione essenziale per l'ironia, è resa soprattutto dalla scelta di far interpretare agli attori le battute dei personaggi e, al tempo stesso, il discorso in terza persona sui personaggi che essi stessi interpretano.

GIANCARLO LOFFARELLI