NARCISO
di
Titta Zarra

NOTE DI REGIA 

Se ci si fa guidare dal linguaggio e dalla struttura drammaturgica di Narciso per comprenderne il significato profondo e la valenza estetica, si intuisce che la sua chiave ermeneutica è l'epica. Aldilà di connotati cronologici contingenti, la vicenda è collocata in una dimensione spazio-temporale che evoca memorie ancestrali, religiosità dal sapore vagamente pagano, rapporti interpersonali improntati allo scontro fra i sessi e all'effusione brutale di sentimenti primordiali.

Ma questa materia è trattata dall'autore con un linguaggio molto letterario che, se non è certamente naturalista, non può neppure definirsi aulico.

Insomma, un testo costantemente teso fra due poli: la narrazione verista e l'astrazione simbolista, la contingenza della vicenda e l'universalità dei suoi significati, la religiosità pagana e la spiritualità cristiana... Mi è parso più giusto non operare una scelta di campo che, nel privilegiare un aspetto, inevitabilmente, avrebbe penalizzato l'altro.

Ho preferito mantenere l'ambiguità di fondo del testo, considerandola un valore, anche nei momenti meno riusciti, storicizzando, quindi, il testo all'interno della biografia letteraria di don Titta e collocandolo nella sua reale posizione di opera a metà fra il componimento giovanile ed il prodotto della piena maturità.

Per il resto, aldilà della riuscita di questa nostra operazione, sono certo che, come ha stupito noi, questo testo stupirà il pubblico, sia coloro che non hanno conosciuto l'autore ma che non possono non avvicinarsi a lui con qualche pregiudizio, sia, soprattutto, quelli che l'hanno conosciuto e che, pure, difficilmente potranno immaginare il mondo di fantasmi e visioni che ne popolava la fantasia.

GIANCARLO LOFFARELLI